Il nome del Movimento M23 viene da 23 Marzo e si riferisce alla data degli accordi di pace siglati nel 2009 tra il Governo della R.D. del Congo e il Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP), la milizia ribelle di etnia tutsi capeggiata dal generale Laurent Nkunda, sostenuta dal Rwanda, che occupava intere zone dell’est della provincia congolese, al confine con l’Uganda e il Rwanda, con la pretesa di difendere la minoranza tutsi contro i soprusi dei ribelli hutu rwandesi rifugiatesi nel Nord Kivu, dopo il genocidio del 1994, nel Rwanda, ad opera degli hutu ai danni dei tutsi.
Dopo molti anni di occupazione del territorio congolese, al soldo del Rwanda, per coprire lo sfruttamento dei giacimenti minerari delle province orientali, i miliziani pretendono di essere riconosciuti cittadini Tutsi congolesi ed essere integrati a tutti gli effetti nell’esercito nazionale.
Vari tentativi di integrazione, negli anni, sono andati ripetutamente falliti perché le milizie ribelli rifiutavano l’integrazione che vedesse le truppe Tutsi separate dai loro comandanti e distribuite in maniera disgregata su tutto il territorio nazionale, integrate appunto, con i militari congolesi nell’esercito della Repubblica Democratica. Fino all’ultimo tentativo che fu l’accordo del 23 marzo del 2009 quando L. Nkunda, considerato criminale di guerra, venne arrestato – naturalmente dai rwandesi. Ma la storia si è ripetuta, e si sta ripetendo con gli ennesimi negoziati di Kampala di questi giorni. Le milizie ribelli che occupa i territori congolesi delle province orientali per permettere all’Uganda e al Rwanda di trafugare i preziosi minerali dal sottosuolo, vogliono essere integrati nell’esercito nazionale rimanendo con i loro generali e la stessa composizione di etnia Tutsi sul territorio delle province orientali ed essere riconosciuti come cittadini congolesi, così da gestire con la politica – e i capitali rwandesi che hanno in abbondanza, ricavati del traffico di minerali con le multinazionali globalizzate – la secessione che essi vorrebbe in nome del popolo e prendere legalmente possesso del territorio per allargare i confini angusti e poveri del Rwanda, già governata da una minoranza di etnia Tutsi dal dittatore Kagame che difende i privilegi dei pochi – Tutsi – che hanno in mano la ricchezza del paese mentre il popolo muore di fame e di aiuti internazionali.
Le popolazione delle province orientali della R.D. del Congo vivono da anni la triste condizione del vaso di terracotta che, nel corso della sua storia, viaggia tra vasi di ferro.
Si può dire che cominciò tutto, non a caso, con lo scoppio della prima guerra congolese (1996-97) quando per cacciare Mobutu, che si era dimostrato un ingordo tiranno, Kabila padre si accorda con l’Uganda, il Rwanda e il Burundi per prendere il potere e cambiare addirittura nome al paese, dal tradizionale Zaire nell’attuale R.D. del Congo. Nella migliore tradizioni del potere ad personam, il peccato va scontare altrimenti ti si ritorce contro, infatti, una volta ottenuto il potere, Kabila perde ogni parvenza di democraticità, imprigiona o esilia l’opposizione, emargina la società civile e nel tentativo di mettersi in proprio, tratta direttamente con le società minerarie americane e sudafricane per lo sfruttamento delle sottosuolo nelle province orientali e impone agli ex alleati di lasciare il paese. Ma l’Uganda e il Rwanda non hanno nessuna intenzione di lasciare i grossi guadagni che nel frattempo stavano facendo trafugando i minerali nei loro rispettivi paesi. Scoppia così la seconda guerra congolese (1998-2002) con il tentativo di spartirsi il territorio congolese nordorientale. Verso la fine del 2001 Kabila padre viene assassinato e Kabila figlio, che nel frattempo da giovane rampollo aveva studiato e imparato l’arte della guerra nell’esercito ruandese, si accorda con i due ex alleati per prendersi il potere, ma promette in cambio che entro due anni avrebbe sistemato la cosa e, contrariamente a quanto aveva fatto il padre, avrebbe scontato il suo peccato. Nel frattempo chiudeva un occhio e lasciava andare avanti il traffico di miliziani e minerali ad opera dei due stati confinanti. Questo non poteva che generare altri conflitti e la formazione di altri gruppi che, a nome degli Hutu, dei congolesi o di altre etnie e interessi particolari, si sono armati e buttati nella mischia. L’accusa, evidentemente strumentale, dell’M23 è così diventata, nell’ultima versione, la palese incapacità di Kabila di mantenere l’ordine nel territorio di confine e l’impossibilità della popolazione civile di vivere in pace. La pace che essi, naturalmente, pretenderebbero di assicurare.
Il gruppo attualmente occupa la parte orientale della R.D.CONGO. Per tutta la durata degli attuali negoziati in Uganda, avrebbero dovuto allontanarsi di almeno 20 Km da Goma, la capitale della provincia orientale del Nord Kivu, invece per i miliziani in divisa la ritirata si è fermata soltanto a una decina di Km mentre bande di miliziani in borghese sono visibilmente presenti a presidiare la città per fare pressione sulla popolazione inerme e sulla negoziazione.
C’è da ricordare, per concludere – si spera esaurientemente la risposta – che, intanto, nel 2003, nel Rwanda, il più agguerrito degli ex alleati, si era consolidato definitivamente il potere di Kagame, Tutsi, già presidente dal 2000, che con l’improbabile risultato del 94,3% aveva instaurato la dittatura del partito unico del Fronte Patriottico Rwandese. E che in seguito, nel 2004, i nodi erano arrivati al pettine ed era cominciata la lunga storia, che dura tutt’oggi, dell’integrazione nell’esercito nazionale congolese di tutte queste milizie che avevano interrotto i combattimenti con la promessa che si sarebbe giunti a una soluzione equa, dove equa per l’Uganda e soprattutto per il Rwanda, voleva dire diritti di sfruttamento del sottosuolo con relativa spartizione del territorio, per mezzo del riconoscimento della cittadinanza congolese alle formazioni straniere di occupazione. Una serie di accordi e tentativi di integrazione mancati fino al dicembre 2006 quando, come abbiamo già ricordato, le milizie del generale Laurent Nkunda, equipaggiati dal Rwanda, avevano occupato larghe zone dei territori nordorientali congolesi e commerciato direttamente, i minerali estratti e trafugati, con le multinazionali americane a cui si era aggiunta, nel frattempo, la concorrenza cinese.
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Autore: Vito Conteduca - 20/2/2013
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